Tagliando le gambe a un negoziato internazionale complesso e con alte sensibilità, il ministro delle Politiche comunitarie Andrea Ronchi ha detto una cosa semplice, com'è semplice la verità. Bisogna stare attenti al pacchetto europeo su energia e ambiente – ha osservato mercoledì Ronchi a Bruxelles (si veda «Il sole 24 Ore» di ieri) – perché per l'Italia il costo potrebbe essere insostenibile. I dati (oltre 23 miliardi l'anno di eurocosti per l'Italia) erano stati anticipati dal Sole 24 Ore dell'11 settembre. L'uscita di Ronchi ha scombussolato le carte della trattativa internazionale e ha prodotto osservazioni, manifestazioni di sostegno e proteste.
Secondo Confindustria, il pacchetto europeo su energia e ambiente «carica sulle sole imprese del continente oneri economicamente insostenibili a fronte di riduzioni totali delle emissioni quasi insignificanti – afferma un commento della confederazione. – Se venissero adottate nella formulazione attuale, in presenza di una crisi finanziaria ed economica per molti aspetti senza precedenti, rischierebbero di infliggere al sistema industriale italiano ed europeo un colpo durissimo, con riflessi molto pesanti per l'occupazione e per la stessa sopravvivenza di molte imprese».
Che cosa dice il pacchetto europeo che dovrebbe tradursi in una serie di direttive? Si chiama "20-20-20" perché dice che entro il 2020 i Paesi della Ue devono ridurre del 20% le emissioni di anidride carbonica (il gas cambiaclima), portare al 20% il ricorso alle fonti rinnovabili di energia e ridurre del 20% i consumi energetici. Un obiettivo importante, difficile da conseguire e con effetti modesti sull'ambiente.
Per questo motivo l'organizzazione delle imprese industriali «registra positivamente il fatto che il Governo italiano si sia reso conto dei rischi a cui andiamo incontro» e suggerisce che l'iniziativa del Governo sia sostenuta «anche con l'impegno personale del presidente del Consiglio». I suggerimenti degli industriali partono da un principio: l'anidride carbonica non conosce confini e un vincolo alla sola Europa apporta benefici irrilevanti. Bisogna ripensare, se non le politiche, «almeno le modalità di attuazione e nello stesso tempo coinvolgere più Paesi sul tema della lotta ai cambiamenti climatici».
«Non è accettabile – afferma Enzo Gatta, presidente dell'Assoelettrica – che ricada sull'Italia un peso proporzionalmente maggiore che su altri Paesi con i quali siamo in competizione».
Stefania Prestigiacomo, ministro dell'Ambiente, aggiunge che «la posizione italiana sul pacchetto "20-20-20" non è, come qualcuno strumentalmente ha inteso, una richiesta di non pagare i costi necessari a migliorare l'ambiente tagliando le emissioni. Riteniamo che non si possano sostenere costi elevatissimi per il sistema-Italia (e quindi per i cittadini che pagheranno in termini di prezzi e inflazione) per un programma che se rispettato abbasserà le emissioni globali del 2% in 8 anni, cioè quanto le incrementa ogni anno la sola Cina. Noi vogliamo sostenere gli sforzi e i costi utili per l'ambiente, ma evitare quelli inutili e gravosissimi».
D'accordo con Ronchi sono intervenuti con note e comunicati Adolfo Urso (sottosegretario allo Sviluppo economico), il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il deputato Stefano Saglia. Invece sono perplessi gli ecologisti. «Una visione arretrata e anacronistica», afferma il senatore Ermete Realacci. Contro Andrea Ronchi anche il senatore Pd Roberto Della Seta, i verdi, gli "ecodem" del Pd e d'eurodeputato Guido Sacconi, presidente della Commissione del Parlamento europeo sul cambiamento climatico.
